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laboratorio di progettazione coordinata e integrata

1972 – Unità polifunzionale di Arcavacata, Università della Calabria

1972 – Unità polifunzionale di Arcavacata, Università della Calabria
TYPE Research/education
YEAR 1972, realizzata per fasi 1972-1975
credits
AWARDS 1972 – Premio AIP – menzione
2008 – Opera contemporanea più significativa della Regione Calabria, Premio Plusform / Consiglio Regione Calabria
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Dando direttamente l’incarico l’Università degli Studi di Calabria decide di realizzare il suo primo insediamento per 1000 studenti con spazi di facoltà e dipartimenti non definiti, biblioteca, centro di calcolo e un sistema articolato di ambienti per la ricerca e la didattica modificabili nel tempo. Non ancora stabilita l’area, l’idea progettuale si muove su ipotesi di ricerca nell’individuazione di modelli tipologici generali di organizzazione architettonica e funzionale da modulare successivamente in rapporto alla morfologia del sito, vagliato contemporaneamente attraverso studi di fattibilità riguardanti le scelte ubicazionali. Luogo scelto è, infine, Rende nei pressi di Cosenza – località Arcavacata – «un’area collinare a metà fra i monti della Sila e la valle del Crati, con sviluppo ondulato senza fratture, inizio di un paesaggio sostanzialmente (all’epoca) privo di costruzioni e caratterizzato da un andamento ”a dita” segnato dal variare della vegetazione e dai segni di torrenti –quasi sempre privi di acqua- spinti fino al fondo valle ed al fiume».

Fin da subito i ragionamenti si incentrano su uno schema insediativo aperto in dialogo con un contesto allargato attraverso un sistema di «griglie geometriche e dimensionali, reticoli ordinatori, gerarchie fra luoghi della città e punti di riferimento». Per assecondare i tempi di realizzazione molto ristretti, da un punto di vista tecnologico-costruttivo, inoltre, si individuano precise soluzioni di elementi prefabbricati pesanti «sulla base di uno schema astratto a geometria semplice da declinare successivamente in una forma legata al contesto, ai caratteri e alle condizioni del luogo effettivamente messo a disposizione». In risposta alle contestazione del ‘68 per un’istituzione democratica “di massa”, generata dalla riforma che prevede la nascita dei dipartimenti, pensiero centrale è, pertanto, quello di creare un’università come luogo dinamico, non definito aprioristicamente in un’immagine autoritaria e retorica, ma pronto ad accogliere modalità fruitive di volta in vola elaborate in corso d’opera. Una vocazione al cambiamento e alla trasformazione permea, così, il progetto in cui flessibilità e preventivata partecipazione da parte degli utenti stimolano scelte e soluzioni. «La prima ipotesi, più ampia, di sviluppo articola intorno ad un percorso-asse orizzontale il sistema delle aule consolidate e gli spazi collettivi, partendo dal nucleo polifunzionale; confrontandosi con l’ondulata topografia per lanciare percorsi orizzontali fra le alture, sovrapassando le biblioteche, i laboratori ed utilizzandone le coperture».

Il primo intervento realizzato fra il 1971 e il 1972, tuttavia, ridimensiona il programma iniziale alla sola unità polifunzionale. Per rispondere alle esigenze di avvio della nuova università si articola in studi, laboratori a scala di banco, aule polivalenti suddivisibili ed aggregabili, biblioteca, centro di calcolo, segreterie e un edificio per uffici trasformato parzialmente in studi dipartimentali. Fra il 1974 e il 1977 si aggiunge un nuovo blocco per aule/uffici congiunto in fase progettuale ad un’altra unità, tuttavia non costruita, per laboratori pesanti studiata con sistemi di sfruttamento dell’energia solare.

L’impianto planimetrico del primo intervento si imposta su un triangolo – dove trova sistemazione prevalente la biblioteca – cui si attestano ad est, mediante una galleria detta degli studenti con lucernaio triangolare, due rettangoli oblunghi e slittati l’uno sull’altro destinati ai laboratori e studi. In posizione baricentrica, cardine dell’organizzazione è il nodo spaziale costituito da un teatro all’aperto, predisposto anche per proiezioni video, e da una piazza su più livelli con patio centrale, coperta da un vistoso elemento tridimensionale in vetro e acciaio. Fondamentale fulcro aggregativo ad esso confluiscono i principali percorsi di smistamento che, strutturati in una rete polidirezionata, senza soluzione di continuità si diramano dai piani più bassi fino alle coperture praticabili – dove spicca il citato teatro. Si configura in tal modo un interno quasi labirintico che supera la netta separazione fra un dentro e un fuori a favore di un continuum organico che intreccia attività e spazi differenti incrementando riconoscibilità e senso di appartenenza ai luoghi.

Percorrenze proiettate nel paesaggio, pertanto, segnano in un susseguirsi vertiginoso, alle volte secondo morbide e sghembe direzioni, le spazialità diverse trovando momenti di coagulo in slarghi e spazi all’aperto. Tridimensionalmente tutto ciò si configura in un articolato gioco di volumi dissolti sul terreno mediante pilastri che ne assecondano le ondulazioni anche con attraversamenti a ponte connessi alla più ampia maglia dei percorsi. «Gli spazi dedicati ad attività specifiche, infatti, non coincidono con edifici indipendenti, né tanto meno sono risolti in un edificio unitario ma conservano la loro autonomia, organizzate intorno ad un reticolo di percorsi che continuano all’interno le strade pedonali esterne; attraversano, sovrapassano, sottopassano lo spazio costruito». Come detto, l’iniziale nucleo polifunzionale è ampliato con un secondo blocco collocato più a sud e collegato attraverso un movimentato rilevo artificiale ottenuto con il materiale di riporto del primo cantiere.

Nel movimentare il suolo per mezzo di piani inclinati erbosi che radicano maggiormente l’architettura al paesaggio, è direttamente connesso al nodo spaziale del teatro all’aperto di cui ancor più si rimarca il suo essere ruolo focale nell’organizzazione spaziale dell’intero complesso. Funzionalmente il nuovo intervento è costituito da due edifici paralleli con impianto pressoché rettangolare con quattro livelli fuori terra dove trovano sistemazione uffici – ad oriente – e aule (quest’ultime utilizzate successivamente per il dipartimento di Sociologia). Nel risolvere il notevole dislivello dell’area, consentendo la connessione all’unità polifunzionale dalla strada provinciale dove si attesta la stazione degli autobus, l’articolazione dei due fabbricati, così come per il precedente intervento, si struttura sulla preminenza della trama dei percorsi. Sviluppata su un «sistema lineare, infatti, collega, intrecciandosi con spazi di relazione, le diverse attività comprese le coperture, anche in questo occasione praticabili», con una in particolare destinata a campi da tennis. Trattati con rifinitura in calcestruzzo a faccia vista, i due edifici con andamento rettilineo sono sostenuti da una serie di pilastri con altezza variabile che nel sollevarli dal suolo, consentendo il passaggio di strade carrabili al di sotto, assecondano il dislivello del terreno esitando una modulazione movimentata.

E tale articolazione è resa più complessa per il lavorio di tagli, svuotamenti, modellazioni della masse evidenti, ad esempio, sul fronte ovest del blocco per la didattica dove la sezione delle grandi aule gradonate è resa manifesta all’esterno; o ancora sul prospetto est degli uffici fondato su un progressivo aggetto della facciata a definire un profilo “scalettato”.

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